Ecco “Caro Diario”, il racconto con cui ho partecipato al contest natalizio 2024 della Dylan Dog Fan Page e sono giunto in finale. A valutare sono alcuni sceneggiatori professionisti (di Sergio Bonelli Editore, Bugs Comics e non solo)
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Caro diario, dimenticare questo Natale sarà impossibile. L’atmosfera è in realtà la stessa di sempre, vivace e patinata, le vetrine dei negozi cariche di paccottiglia a prezzi esorbitanti e le persone ridotte a ritornanti in preda alla sindrome da ultimo regalo. Ciò che abbiamo vissuto io e Groucho, però, è davvero fuori dall’ordinario. Ancora stento a crederci. Per riassumerlo al meglio ho deciso di prendermi una piccola licenza letteraria, spero tu non ti offenda. Chissà, magari un giorno userò questo brano per partecipare a un concorso. O forse no, in fondo non ci credo granché. Mi basterà rileggerlo qui.
Il campanello urla a squarciagola. Il tempo di un sospiro e Groucho fa capolino sull’uscio dello studio pedinato da una nuvola di fumo. Un sopracciglio guarda l’altro dal basso.
«Scordati la solita gnocca, capo, questa volta è un mostro!»
La parte superiore dell’albero di mezzana sfugge dalle mani e precipita sul tavolo, ovviamente dalla parte già spennellata di colla. Dylan si gira di scatto.
«Giuda ballerino! Da quando ti pago per insultare le potenziali clienti?»
Groucho si lascia andare sulla poltrona, accarezza il sigaro fra le labbra. L’indice trema in direzione della porta.
«Tu non mi paghi, capo. E non sono sicuro sia una cliente. Né una Lei.»
Mezzo passo dopo l’altro, incerto come l’asta di un pendolo, un individuo orripilante sbuca dal cono d’ombra del corridoio. Abiti lerci e sgualciti, ecchimosi sul volto, occhi fuori dalle orbite: nemmeno il disegnatore di un fumetto horror o l’intelligenza artificiale saprebbero tratteggiare meglio uno zombie. Se non fosse autentico sarebbe il campione del mondo dei cosplayer. O un’allucinazione collettiva.
La sua bocca si muove, emette suoni allo stesso ritmo compassato dei piedi, sino a formare inaspettate frasi di senso compiuto.
«Grrrrhhh… Signor Dog? Dylaaan Dog?»
«In carne e ossa.»
Lo so, è una battuta scontata e me ne sono pentito all’istante. Sulla parola “carne” ho avuto paura per la mia incolumità, su “ossa” ho persino temuto di essere offensivo. Mi conosci a sufficienza per non dovermi biasimare. Era davvero uno zombie, (de)composto soltanto d’ossa, ma questo è nulla. In fondo per l’Indagatore dell’incubo dovrebbe essere routine. A lasciare senza parole è il motivo per cui si trovava nel mio studio. Puoi tenere spalancate tutte le porte all’assurdo, ma qualcosa riuscirà comunque a sorprenderti. Lascia che continui la storia.
«Tu aiuta meee… Natale mi rende triiiste…»
Dylan fa cenno a Groucho di alzarsi e invita l’inatteso ospite a sedersi.
«Cosa ne pensa il suo psicologo?»
Lo zombie sorriderebbe, se ne fosse capace.
«Nessuuno si fida di noooi… grrrhhh… solo tu può aiutarci.»
Groucho scatta sull’attenti, le mani incrociate dietro la schiena. «Forse non se n’è accorto,» sottolinea, «ma quelle nel corridoio sono soltanto statue, non suoi veri colleghi».
Un’occhiataccia di Dylan e l’assistente si mette in pausa.
«Perché ha parlato al plurale? Chi sono gli altri?»
Il campanello urla un’altra volta a squarciagola, oppure è un grido spaventoso emesso dallo zombie, non è chiaro. A eccezione del tono più grave sono molto simili.
Dal cono d’ombra del corridoio emerge un essere interamente ricoperto di pelo, la bocca sporgente – si direbbe un muso – e i denti in bella vista. La Luna non è piena, non è nemmeno notte. Eppure il licantropo è reale.
«Ci aiuti signor Dog,» mugugna, «abbiamo un compito da affidarle».
Groucho si avvicina circospetto, gli gira attorno, tasta i bicipiti scultorei e strizza una manciata di peli sulla fronte.
«Capo, non è un costume…»
«Mai dubitato.»
«E diteci,» prosegue Groucho, «come pensate di pagare il suo onorario?»
Il licantropo si appoggia allo stipite della porta, fa un cenno alle spalle e lascia spazio a un distinto signore di mezza età dai capelli ingellati e dall’ingombrante mantello nero.
«Quattrocento sterline al giorno più le spese non sarebbero sufficienti per ciò che le chiediamo,» esordisce, «gliene garantisco cinquemila di anticipo e cinquantamila a lavoro ultimato.»
Il tempo di “visualizzare” la cifra e Groucho finisce steso sul pavimento. È lo stesso distinto signore dal mantello nero a soccorrerlo.
«A questo punto,» replica Dylan, «sono costretto a chiedervi quale sarebbe l’ingrato compito».
I tre confabulano, con ogni probabilità per mettersi d’accordo su chi debba dare l’annuncio. Uno zombie, un licantropo e – sulla fiducia – un facoltoso vampiro. Non fosse per la situazione inquietante, sembrerebbe l’incipit di una barzelletta.
«Signor Dog», centellina l’emozione il distinto signore dal mantello nero. «Vogliamo che uccida Babbo Natale.»
Seguono sguardi d’intesa, questa volta con spruzzata di autocompiacimento.
La gamba di Dylan scavalca il bracciale della sedia, le mani si uniscono davanti al volto.
«Mi spiace deluderla, ma non posso accettare.»
«Per quale motivo?»
«E me lo chiede? Babbo Natale non esiste!»
Il licantropo batte il muro con una mano, pardon, zampa. Il tonfo riecheggia per tutta Craven Road.
«Non pensava lo stesso di noi?»
«Sono l’Indagatore dell’incubo, con voi ho già avuto a che fare.»
Il distinto signore dal mantello nero si fa più vicino. «Mi consenta, signor Dog: lei è sempre stato scettico, anche quando ha incontrato i miei simili.»
Dylan butta un occhio al diario sulla scrivania: se solo potesse parlare, quante storie racconterebbe (circa 460 più svariate altre centinaia)! Non è nemmeno sicuro di averle vissute tutte.
«Ha ragione», sussurra. «In verità dubito di voi anche mentre sto parlando, potreste essere allucinazioni.»
«Grrrhhh… e il suo assisteeente?», lo zombie esce dalla sorta di catalessi in cui era piombato.
«Oh, credo che l’allucinogeno quotidiano sia proprio lui». Dylan si alza, di fronte ai tre clienti improbabili. «Per quale motivo vorreste morto il vecchio? Che vi ha fatto?»
Ti ho citato nel racconto, spero tu ne vada fiero. È meta-diario. Se rileggessimo tutto dalla prima pagina faticheremmo a trovare qualcosa di simile: tre creature come quelle che ho sempre fronteggiato riunite nel mio studio, a implorarmi di dare la caccia a Babbo Natale! E il motivo che le ha portate da me è ancora più assurdo. Te la faccio breve: i bambini adorano Santa Claus e il pensiero di ricevere i suoi regali li carica di adrenalina a settimane di distanza, anestetizzandoli così a ogni tipo di paura. Nessun moccioso, in questo periodo dell’anno, è terrorizzato dai mostri. Le tre creature erano lì perché stanche, abbattute e depresse, tanto frustrate da rivolgersi a un ciarlatano che per lavoro le combatte. Strana la vita, non trovi? E non è finita, il bello deve ancora venire. Anzi, arriva proprio ora.
Un fragore improvviso squarcia l’attenzione generale. I muscoli si contraggono. Fra le statue dei mostri riecheggia una risata sardonica.
Dylan chiede a Groucho di lanciargli la pistola, ma la Bodeo è nel cassetto e ovviamente il cassetto è bloccato. I tre clienti improbabili sono già pronti all’azione, schierati uno accanto all’altro al centro dello studio.
I passi nel corridoio si susseguono con incedere cupo e strascicato. Quando Babbo Natale sbuca dal solito cono d’ombra, fra le mani stringe una mitragliatrice. La barba è appena accennata, le maniche della giubba rossa arrotolate.
«Giuda ballerino, ma è proprio lui!»
«Glielo avevo detto, Dylan: Santa Claus è un perfido manigoldo», tuona il distinto signore dal mantello nero.
Babbo Natale si produce ancora nella sua proverbiale risata, davvero somigliante a quella dei film, solo con un riverbero più sinistro.
«Eccoli qui i tre porcellini che mi danno la caccia! Cosa pensavate di fare rivolgendovi a questo personaggio degno delle peggiori cronache rosa?»
Dylan prende tempo, consapevole che la superiorità numerica non basta quando hai una mitragliatrice puntata in fronte.
«Che sciocco,» abbozza, «ho sempre creduto che saresti entrato dal camino, non certo buttando giù l’ingresso».
L’ennesima risata.
«Beh, qui camini non ne vedo. Ma complimenti per le statue, se sopravvivi potrai imbalsamare questi tre falliti.»
Due passi in avanti, complicati dalla stazza ingombrante. «Non vi permetterò di rovinare tutto: il Natale è mio e chiunque, dal bambino più povero al magnate dell’alta finanza, deve strisciare ai miei piedi!»
Il campanello urla ancora, nonostante la porta non ci sia più.
Nello studio cala il gelo. Sei individui si guardano, indecisi sul da farsi.
«E adesso chi è? Siamo tutti qui», allarga le braccia Babbo Natale.
Groucho prende a zompettare in direzione dell’ingresso. «Con permesso,» sussurra, «ma io aspetterei una cosa».
Il giovane corriere si avvicina, talmente stanco da non rendersi conto di ciò che appare ai suoi occhi. Forse pensa a una festa in maschera o a un covo di depravati sotto effetto di droghe sintetiche. Vuole solo tornare a casa il prima possibile. Una firma e via.
Groucho rientra nello studio con il pacco fra le mani e una bella curva stampata sulle labbra.
«L’unico modo per non sbagliare regalo è farlo a sé stesso. Dico bene, me stesso? Certo, te stesso!»
Dylan richiama i tre clienti improbabili: «Eravate fuori strada. Non è necessario ucciderlo, lo fa già il progresso».
All’ennesimo sguardo d’amore di Groucho verso il misterioso pacco fa seguito un tonfo: la mitragliatrice sul pavimento. Babbo Natale scoppia in un pianto disperato.
«Basta! Nemmeno questo attorucolo degno di un B-movie si rivolge più a me per i regali, tutti a comprare nei maledetti negozi online! Ma che vi ho fatto!!?»
Dylan gli poggia una mano sulla spalla, non prima di avere allontanato col piede la potenziale arma letale: «Mi dispiace, vecchio mio. Non pensavo la vivessi tanto male, anche se sulla tua aggressività Freud scriverebbe fior di saggi. Comunque stai sereno, ho avuto un’idea».
E così questa storia volge alla conclusione, per una volta né assurda, onirica o surreale, soltanto molto concreta. C’è quel grande centro commerciale, a Belsize Park, in cui ogni anno nel periodo natalizio allestiscono un villaggio a tema con giochi e attrazioni. Mi è venuto naturale, avevo gli interpreti perfetti! Lo zombie, il licantropo e il vampiro sono stati ingaggiati come figuranti per spaventare grandi e piccini, Babbo Natale impersona sé stesso con l’ausilio di una barba posticcia e consegna doni all’uscita. Nessuno di loro fa i salti di gioia, ma almeno ho evitato si abbattessero più del dovuto. In fondo ciò che conta è tenersi impegnati per sopravvivere allo strazio delle festività. A eccezione di Groucho, lui passa tutto il tempo a rimirare il suo regalo. Ah, giusto, non ti ho detto di cosa si tratta. Non ci crederai, caro diario, è nientemeno che