Nello spinoso percorso verso uno dei miei sogni, ovvero diventare sceneggiatore di fumetti, ho avuto la fortuna di imbattermi in molte persone importanti, ciascuna delle quali è riuscita a dispensare consigli utili, aprirmi gli occhi, tracciare una direzione ideale. Io, poi, da sempre cerco di essere brutalmente spugnoso, predisposizione che ritengo fondamentale quando vuoi imparare un mestiere. Così ho fatto fin dalla giovinezza per il giornalismo, così sto cercando di fare nel mondo del fumetto.
Dopo un periodo di vuoto durato qualche anno (complici particolari traiettorie di vita) sono tornato a leggere molto: fumetti italiani (Disney, Bonelli, Aurea e altri editori) in particolare, che rimangono la mia principale fonte di ispirazione, ma anche graphic novel di ogni genere e nazionalità. Non amo e non ho mai amato i supereroi americani né i manga, ma posso sempre lavorarci in futuro. Intanto studio manuali, seguo gli autori nei loro blog e cerco di carpire il loro modus operandi. Negli ultimi due anni ho avuto inoltre la fortuna di conoscere, confrontarmi e ricevere feedback da diversi sceneggiatori. Ed è sempre motivo di crescita e arricchimento personale, così come avere iniziato a lavorare su mie storie (sotto, uno sketch) con alcuni disegnatori diplomati alla Scuola del fumetto di Milano (che ringrazio per il coraggio e la fiducia). Non so dove porteranno, ma posso dire che è come avere costruito un razzo per andare sulla Luna… Vedremo se sarà possibile metterci piede, pur senza le risorse di Elon Musk e con buona pace dei complottisti.
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Negli ultimi mesi ho avuto la fortuna di intervistare Paola Barbato, regina del thriller e autrice del mio amato Dylan Dog, quindi Barbara Baraldi, che dell’Indagatore dell’incubo è addirittura curatrice. Adesso aggiungo l’intervista a Matteo Mastragostino, che conosco da anni ed è mio concittadino lecchese, autore dell’acclamata graphic novel Primo Levi, di Perlasca e di Vann Nath, appena uscita, che consiglio a tutti. Con lui sono nate due chiacchiere davvero interessanti sul suo modo di fare fumetti e, più in generale, sul medium stesso. Ringrazio Matteo per i tanti consigli che sa offrire, mettendo a disposizione la sua esperienza.
Vann Nath e Primo Levi: i fumetti come strumento per non dimenticare

- Matteo, come è nato e perché il desiderio di raccontare in una graphic novel la vicenda personale di Vann Nath?
«Per pura casualità. Trovai la sua autobiografia pubblicata da Add Editore esposta nella biblioteca Pozzoli di Lecco e mi incuriosii. Una volta letta la storia, trovai diverse similitudini con quella di Primo Levi e pensai che ne sarebbe potuto nascere un ottimo fumetto da proporre al mercato francese. E così fu…».
- Primo Levi, Perlasca, Vann Nath: le tue storie, tutte tratte da spunti biografici, narrano il dramma personale e collettivo, la persecuzione di regimi spietati. Quale messaggi cerchi di veicolare attraverso il fumetto?
«Ricordando queste persone cerco di tenere acceso un faro su alcuni degli eventi più tragici del secolo scorso, per non dimenticare. Il fumetto lo ritengo come una specie di grimaldello, con le mie storie spero di far nascere nei lettori la curiosità di saperne di più, oltre alla voglia di non dimenticare certi episodi».
- Il libro su Vann Nath è nato in Francia, è poi stato tradotto negli Usa e adesso arriva in Italia. Che sensazione ti dà il fatto che persone in diverse parti del mondo, e in diverse lingue, possano leggere le tue storie?
«È un privilegio, vuol dire che editori diversi le considerano valide e adatte al loro pubblico».
- Come ti sei avvicinato all’attività di sceneggiatore?
«Ho sempre amato e letto i fumetti, fin da bambino, e a un certo punto ho deciso di provare a scriverli. Mi sono formato con diversi manuali e ho avuto nei social media una spalla che mi ha permesso di poter contattare diversi affermati professionisti del settore. La loro gentilezza e disponibilità mi ha aiutato nello scrivere le prime storie. Ovviamente devo ringraziare Federico e Guido di “Becco giallo editore”, anni fa scommisero su un esordiente assoluto “diversamente giovane”. La mia gratitudine per loro sarà eterna».
- Come si diventa un bravo scrittore di fumetti?
«Dovresti chiederlo a chi è veramente bravo, io di sicuro non mi considero tale. Togliendo l’immeritato bravo, per diventare scrittori di fumetti bisogna innanzi tutto leggerli, spaziando nei diversi campi: bonellidi, manga, graphic novel, americani e fumetto francese. Prima di proporsi a una casa editrice, cercate di capire se quella storia è nelle loro corde. Poi ci vuole pazienza e anche capacità autocritica: non prendere i tanti “no” che arriveranno sul personale, ma cercare di capire sempre dove la storia può essere migliorata. Da ogni rifiuto bisogna sempre ripartire più convinti, mai farsi demoralizzare».
- Quali sono i tuoi fumetti e/o graphic novel preferiti e quelli che ti hanno fatto avvicinare a questo mondo?
«Io ho letto veramente di tutto, da Topolino ai bonellidi, passando per le strips, il periodo Manga e quello attuale, dove preferisco graphic novel e bd francesi. Tra i tanti fumetti che amo, e che mi vengono in mente ora, direi Cuoricino di Tuono Pettinato, I solchi del destino di Paco Roca, Il rapporto di Brodeck di Larcenet, Criminal di Brubaker e Phillips ed Ethel e Ernest di Briggs, ma ce ne sarebbero tanti altri che sicuramente dimentico; per quanto riguarda i Manga, occupano un posto speciale nel mio cuore Slam dunk, Rocky Joe e Lone wolf and cub».
- Stai lavorando a nuovi progetti? Quale tipo di storia avresti voglia di raccontare in futuro?
«Sto lavorando a un nuovo fumetto per la Francia, che spero uscirà il prossimo anno, un’altra biografia. I progetti per il futuro sono sempre tanti e in questo periodo faccio un po’ fatica a focalizzare le mie priorità, ma avrei voglia anche di nuove sfide. Vedremo se riuscirò a mettere in ordine i pensieri, le idee non mancano mai».