“In quarant’anni non ho avuto molto da questa fottuta esistenza”.
“Mi sembra un po’ forte come sfogo, Ste”.
“È la verità, sai che non ho remore a dirlo, è una questione di onestà intellettuale”.
“Stai dicendo che io sono disonesto?”
“Ecco, vedi: ti stai comportando come la maggior parte delle persone. Suvvia, non è di te che parlavo, cazzo, fa’ il bravo”.
“Innanzitutto sei ancora vivo”.
“Se volessimo accontentarci di essere vivi, vedremmo il tutto da una prospettiva davvero bassa. Eppure ci sono amici che non sono più fra noi, quindi ok, va bene, è una considerazione sensata”.
“Hai un lavoro”.
“Ho una professione, è diverso. E collaborazioni più o meno fruttuose”.
“C’è chi non le ha”.
“Ma io non vivo la loro vita, vivo la mia. Sono eventi indipendenti”.
“Se la metti così, allora me ne vado”.
“Permaloso. Si capisce che sei la mia coscienza”.
“Dico sul serio. Fai un lavoro che ami”.
“Lo amo? Dici? Vent’anni di professione, grandi pacche sulle spalle, e pochissimi euro messi da parte, quasi nulla, perché è un mestiere con cui ormai campi a stento”.
“Quindi non lo ami più?”
“Non dico questo. La passione, all’inizio, a vent’anni, ti travolge. Poi diventa altro”.
“Vale per qualsiasi rapporto”.
“Potessi far fruttare, come ogni povero cristo, il tempo reale investito e i festivi trascorsi a lavorare in questi vent’anni, comprerei la Luna. E invece”.
“Ma dei soldi non te ne è mai fregato nulla“.
“Esatto. Bravo. Non è nemmeno questo”.
“E allora cos’è, l’amore?”
“L’amore? Perché, esiste veramente?”
“Hai avuto le tue storie, gli innamoramenti, una compagna per anni”.
“Parli al passato prossimo”.
“E quale tempo dovrei usare?”
“Il presente, magari. Invece non è rimasto niente“.
“Lo hai detto tu prima: la passione, all’inizio, ti travolge. Poi diventa altro”.
“Quando fai così non ti sopporto”.
“Sto qui apposta”.
“Lo so. Quindi sai che nessuno mi ha mai amato davvero. È come per il lavoro: ho investito mille per avere indietro cento”.
“Come può essere un problema delle altre persone?”
“E diavolo, perché dovrebbe essere soltanto mio?”
“Non sta scritto da nessuna parte che debbano restituirti la stessa cosa, sia amore, soldi o stima. Ognuno dà in base a quello che ha in quel momento”.
“Non sono d’accordo, ma me la scrivo: magari la infilo dentro qualche romanzo”.
“Ecco, hai detto bene: la scrittura. Il tuo sogno fin da bambino”.
“E dove mi ha mai portato?”
“Hai scritto un sacco di cose, adori farlo”.
“Sì, ma nessuno mi legge, non sono mai arrivato a un pubblico. Scrivo per me stesso”.
“E non ti basta?”
“Tu ti accontenteresti di masturbarti per l’eternità?”
“Non ti seguo. E un po’ mi imbarazza”.
“Scrivo perché sento la necessità di arrivare a un pubblico. E cerco di migliorarmi sempre. Da anni”.
“Ottimo, è lo spirito giusto”.
“Ma rimane tutto a mio uso e consumo, è solo accarezzare il pancino al proprio ego”.
“Ho capito, non ti basta”.
“No. Voglio uscire da questa solitudine”.
“Non posso aiutarti”.
“Allora perché continui a perseguitarmi?”
“Non posso fare altrimenti, è il mio destino”.
“Bel destino di merda”.
“Hai mai pensato che il problema sia tu?”
“Io?”
“Sì, tu. Continui a sperare di uscire da questa impasse, ma in concreto cosa fai per uscirne davvero?”
“Beh, oddio, sto lavorando su me stesso, sotto ogni punto di vista”.
“Vero. Confermo. Ma reiteri sempre gli stessi errori”.
“E cioè?”
“Ti aspetti che siano gli altri a valutarti”.
“Guarda che lo so com’è, ci sono già passato: se mi valuto da solo sono presuntuoso, se non mi valuto mai finisco dall’analista”.
“Devi avere consapevolezza di te stesso, indipendentemente dagli altri, siano cose o persone”.
“La fai facile”.
“È più facile di quanto pensi”.
“Sai che ti dico?”
“Sono tutto orecchi”.
“Rifletto tanto sui miei errori”.
“Lo fai. Ma non è sufficiente”.
“Perché ho paura”.
“Di cosa?”
“Di essere una brutta persona. Forse non mi valuto davvero perché temo il risultato”.
“Paura più che legittima, mio caro”.
“A volte ho paura di ritrovarmi senza una coscienza”.
“E fa male?”
“Malissimo. Come ti sentiresti, se questo dialogo non fosse mai accaduto?”
“Ehi!”.
“Perché non rispondi?”
“Vedi. È per questo che a volte vorrei non essere nemmeno qui”.